giovedì 30 maggio 2013

Il grande Gatsby

Pubblicato da Sae alle 08:11 0 commenti



Salve a tutti! Come avete passato questo fine settimana? Spero bene! Per me non è andato troppo male. 
Ieri sera io, mia sorella con il suo ragazzo siamo andati a vedere "Il grande Gatsby". 

Ultimamente a mia sorella è presa la mania per Leonardo Di Caprio, dal momento che le piace come attore e che lo ritiene molto bravo trova che sia un'ingiustizia che non abbia ancora vinto l'oscar, quindi da questo momento in poi ha deciso che vedrà tutti i suoi film fin quando non avrà la soddisfazione di vederlo con la prestigiosa statuetta tra le mani XD

Quindi siamo andati al cinema pronti a gustarci questo bel filmone firmato Buz Lurmann.
Premesso che presa dall'euforia del momento mia sorella si è messa a leggere tutto quello che riguardava Leonardo Di Caprio e quindi volenti o nolenti abbiamo saputo il finale del film prima di riuscire a vederlo. X°°°°°°°D

Io la storia la conoscevo a grandi linee, avevo letto qualche brano del libro in passato in omaggio del grande Fitzgerald e molti anni or sono avevo visto la trasposizione cinematografica in versione Farrow/Redford/Coppola; ma ormai l'avevo praticamente dimenticato. 

Arriviamo al film.
La storia narra di un giovane uomo che sta per cominciare la sua vita e ansioso di trovare la sua strada decide di diventare un borsista a New York e proprio a questo scopo, nonostante la sua passione per la letteratura, decide di andare nel West End per studiare e cominciare a lavorare. 
Affitta una piccola e modesta casa sulla baia, vicina a una grande abitazione, tanto grande da sembrare un castello il cui proprietario si chiama Gatsby.
Dall'altra parte della baia nell'East End, ovvero nei quartieri alti e più raffinati, abita una sua cugina, Daisy sposata a un vecchio compagno di università e famoso campione di polo, Tom Buchanan.
Travolto dalla grande e corrotta società newyorkese, il giovane si trova coinvolto in una girandola di avvenimenti che lo porteranno un epilogo dal sapore dolceamaro.

La critica del famoso festival di Venezia non è stata clemente con l'ultimo lavoro di Lurhmann, al contrario la freddezza con cui questo è stato accolto può essere paragonata solo a quella di un inverno artico polare.

Onestamente non comprendo tanta distanza da quello che a mio modo di vedere è un ottimo prodotto e un ottimo lavoro.
Certo la direzione di Buz Lurhmann è come sempre abbagliante e forse un tantino confusionaria all'inizio, ma ci troviamo davanti a una scelta registica personale, che contraddistingue ogni lavoro di questo professionista. Quindi trovo che chiunque avrebbe dovuto aspettarsi la moltitudine di girandole di suoni e colori che ci si ritrova a vedere davanti con "Il grande Gatsby". Storcere il naso in un atteggiamento fin troppo snobistico a un'originalità di rappresentazione tanto ben riuscita, credo che sia un modo di concepire il cinema assolutamente nocivo.

Eccettuato un inizio forse poco convincente e leggermente disorientante per lo spettatore, unito a una durata forse un tantino eccessiva, questo film resta una eccellente prova di trasposizione cinematografica di uno dei capolavori del grande Fitzgerald.
Onestamente avendo visto per scrupolo le altre trasposizioni cinematografiche ho trovato questa di Lurhmann quella meglio riuscita in assoluto, anche paragonata alla versione Farrow/Redford/Coppola.

Il carattere e la complessa personalità di Jay Gatsby vengono perfettamente rese da un superlativo Di Caprio che si dipinge addosso il personaggio quasi come un guanto, e se in taluni momenti avesse mantenuto la sua recitazione più semplice evitando il suo diciamo "vizio" di strafare allora sicuramente sarebbe stato forse il suo ruolo migliore dopo Titanic.

Le musiche sono state spettacolari per tutta la durata del film, perfettamente combinate con quello che si voleva comunicare, senza uscire per questo dalla corretta rappresentazione della società di quel tempo.

I costumi e le scene anche molto belle così come la fotografia che ha colto il giusto equilibrio tra un mondo reso opaco dall'eleganza del passato e la brillantezza di quel presente che si affannava alla ricerca del futuro.

Unica cosa che non è stata all'altezza di tutta questa meravigliosa cornice creata dall'estro del regista è stato il cast artistico, vale a dire gli interpreti.
Eccetto il grandioso Di Caprio e il suo antagonista, abbiamo qui un narratore, Toby Mcguire, che avrebbe dovuto ispirare negli altri personaggi stima e rispetto ma che tutto quello che ispirava era di dargli un'amichevole pacca sulla spalla nella speranza che non cacciasse fuori qualche ragnatela alla Spiderman.
La giovane protagonista, che purtroppo non è stata assolutamente all'altezza del ruolo di Daisy,  magnificamente interpretato a suo tempo dalla Farrow,  era a mio parere eccessivamente giovane per la parte di una donna che ha già una figlia di 5 anni e un passato alle spalle.  La sua recitazione incerta rifletteva ancora una Daisy adolescente invece di una Daisy che aveva compiuto delle scelte che l'avevano portata alla sua vita attuale e al nuovo incontro con Gatsby.
L'ingenuità di Daisy, quale personaggio inteso nel libro, è solo una maschera, una finzione della buona società a cui ella appartiene, non la continua incertezza giovanile di una donna non ancora del tutto cresciuta che invece viene resa in questo caso.
E in questo caso abbiamo la più grande pecca del film. Purtroppo per due delle parti che sarebbero dovute essere essenziali alla comprensione della vera storia. In realtà l'unico davvero puro e ingenuo in tutta la vicenda nonostanta la sua maschera è proprio Gatsby.
Tutto il resto è mera finzione.

Forse in questo ha peccato il regista, nel tentativo di rendere più romantica piuttosto che tragica la vicenda di Jay Gatsby, ma proprio in questo si vede l'amore che egli ha per il personaggio.

Potrebbe essere stata questa patina di "forzato" amore romantico ad aver leggermente infastidito tutti coloro che hanno amato il libro nella sua complessità estremamente cinica, questo però di certo non è sufficiente a bocciare un prodotto tanto buono quale è questo.

Quindi che dirvi? Se ancora non lo avete visto andate a vedere "Il Grande Gatsby" senza ascoltare le critiche, aprite la mente, il cuore e lasciatevi coinvolgere dalla storia.

Buona visione! ^__^


sabato 18 maggio 2013

La casa nel vento dei morti

Pubblicato da Sae alle 09:47 0 commenti


Orbene rieccoci qui salve a tutti!
Ieri sera eravamo io e mia sorella in preda ai morsi della fame per via della dieta... triste cosa ma necessaria, soprattutto per me,  io ero tornata tardi dal lavoro e lei era a casa quindi le ho chiesto se le andava di vedere un film.

La scelta non era fatta e così abbiamo guardato un po' che cosa si poteva prendere. 
Premesso che abbiamo guardato tanti primi inizi e nessun film alla fine perchè si era fatta quasi mezzanotte e io crollavo dal sonno!
Uno dei famigerati inizi è stato "La casa nel vento dei morti". Inizialmente non avevo compreso che si trattava di un film italiano, avevo letto a mala pena la trama mi sembrava interessante e avevo deciso di prenderlo. 
Quando durante i primi minuti di visione me ne sono resa conto, per un secondo avrei voluto dargli una possibilità in memoria di quel meritevole "Fairytale" di cui vi ho già parlato. 

Ma dopo i primi minuti, la misera qualità della pellicola, la scarsità recitativa degli attori e l'innegabile evidenza di un budget ridotto hanno indotto me e mia sorella a cambiare titolo. 

Stamattina però, dopo essere stata svegliata quasi all'alba da mio padre, ho voluto concedere un'altra possibilità al film, del resto sappiamo come nel nostro Paese i fondi per certi tipi di produzioni siano praticamente inesistenti, perciò ho deciso di valutare unicamente la sceneggiatura e la regia, nonché il montaggio. 

Ma prima andiamo alla storia. 
Attilio è un giovane pieno di ambizioni e deciso a rivoluzionare la sua vita, per poter vivere a modo suo e con la donna che ama, una prostituta conosciuta a Venezia mentre il giovane recitava in un film di infima qualità. 
Nel tentativo di conseguire la vita dei suoi sogni decide di rapinare un ufficio postale e recluta altri tre compagni. 
Attuato il colpo uno degli uomini resta ferito e nel tentativo di nascondersi dalla polizia questi si nascondono nei boschi. 
Vedendo il compagno ferito mortalmente Attilio non può fare altro che porre fine alle sue pene uccidendolo, ed è così che l'ormai terzetto caricatisi i soldi in spalla si avventurano nei boschi alla ricerca di un modo per fuggire. 
Dopo aver girato e ucciso duc cacciatori che facevano troppe domande gli uomini arrivano a un casale all'apparenza abbandonato ma dove vivono sole un gruppo di donne. 
Facendosi passare per degli escursionisti i tre chiederanno ospitalità a queste ultime. 
Arriva la notte e con essa arriva il terrore perchè le donne non sono poi così indifese come sembrano e forse sono leoni travestiti da agnello.

Inizialmente speravo in una storia originale, ma non è assolutamente questo il caso, poi ho sperato in una regia che potesse rendere il tutto quanto meno visibile, ma neanche questa è riuscita nello scopo. 
Volendo quindi tralasciare la bassa qualità della pellicola, la misera qualità della sceneggiatura, la pessima recitazione degli attori, con l'eccezione della vecchia pazza a cui darei la sufficienza, ignorando montaggio impossibile, fotografia orrenda e regia assolutamente nella media che cosa possiamo salvare in questo film?
Peccato a dirsi ma assolutamente niente se non forse il coraggioso tentativo delle musiche di creare la giusta atmosfera.

Sono facilmente intuibili le fonti ispiratrici del lavoro, infatti non ho potuto evitare di notare l'involontario riferimento alla direzione ben nota del famoso regista Pupi Avati.
Sicuramente un regista che può dare ispirazione ma che purtroppo non si può emulare nel modo di dirigere dei film magari anche privi di sceneggiatura determinanti ma che lui riesce a rendere pieni di trepidazione e suspance, nonostante alcune volte ci siano dei ritmi incredibilmente lenti. 
Pupi Avati è maestro di questo genere e tale modo di dirigere è suo e credo anche sia il suo marchio di fabbrica per così dire. L'ammirazione a un tale modello è comprensibile ma purtroppo non emulabile. 
Se dico questo è perchè il tono incredibilmente lento del film e soprattutto il modo in cui è trattato il concetto delle donne pazze che si divertono a torturare gli uomini che vogliono dominarle o comandarle, mi ricorda quel famoso "La casa dalle finestre che ridono".
Film magistrale quello che al termine lascia un senso di profonda inquietudine nonchè disturbo ma che non può essere emulato.
Anche l'arrivo fortuito della polizia sul finale lo troverei un chiaro riferimento. 
Insomma, non possiamo salvare questo coraggioso tentativo di film horror/thriller made in Italy nemmeno volendo. 
Avanti un po' di innovazione! Almeno un po' di originalità! 
Nel corso della storia del cinema grandi nomi hanno dimostrato che si può fare un buon film anche con un budget molto limitato se si sa lavorare. Non nascondiamoci dietro questa scusa solo per evitare di fare il meglio perchè di meglio si può sicuramente fare.

Un film che non posso consigliare dunque, a meno che non voglia che chi legga queste pagine mi mandi qualche anatema!

Be' buona visione e alla prox!

Sae.



giovedì 16 maggio 2013

Qualcuno volò sul nido del cuculo

Pubblicato da Sae alle 22:57 1 commenti




Orbene era molto tempo che volevo vedere questo film con il grande Jack Nicholson.
"Qualcuno volò sul nido del cuculo" in inglese "One Flew over the cucko's nest" è un film che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita.
E' uno dei pochi film della storia del cinema a essersi aggiudicato tutti i premi più importanti vale a dire: miglior regia, miglior attore protagonista, migliore attrice protagonista, migliore sceneggiatura non originale e miglior film, insieme a questo solo "Accadde una notte" di Frank Capra e "Il silenzio degli innocenti" di Jonathan Demme hanno fatto lo stesso. 

La storia narra di un uomo, Randle Patrick McMurphy, che decide di fingersi pazzo al fine di scontare ciò che gli rimane della sua pena detentiva in un manicomio piuttosto che in carcere. 
Condannato per crimini di minore entità quali aggressione e furto, viene dunque inviato nell'Ospedale Psichiatrico di Stato di Salem

Al suo interno l'uomo troverà una rigida disciplina portata avanti dalla temibile infermiera Miss Ratched che rende la vita dei pazienti all'interno della struttura ospedaliera non molto diversa da quella di una vera prigione. 
E' così che McMurphy, che pazzo non lo è affatto, nota che non tutti coloro che sono "ospitati" all'interno di tale struttura sono propriamente folli, proprio per questo cercherà di spronare a vivere una vita vera e piena quelli che invece sono rinchiusi in una prigione di ignoranza e timore. 

"Qualcuno volò sul nido del cuculo" è un film che trascina con il suo ritmo incalzante, nonostante il tema trattato non sia dei più leggeri nè dei più semplici da esporre, la pellicola scorre via in modo semplice e senza nessun intoppo. 
L'intero cast è ottimamente diretto, Jack Nicholson ha probabilmente dato in questa occasione una delle sue migliori interpretazioni come Rundolph McMurphy, e così tutti gli altri attori che al tempo in cui il film è stato girato erano quasi degli sconosciuti come un giovanissimo Danny DeVito nel ruolo di Martini
Il cast è di grande qualità e si nota un lavoro enorme dietro le quinte che fa subito avvertire allo spettatore il grande affiatamento e la grande sintonia tra tutti gli attori.
L'attrice protagonista Louise Fletcher, scelta per la parte solo una settimana prima delle riprese, compie un lavoro magistrale nel ruolo di Miss Ratched, non è da meno di questo immenso Nicholson nemmeno per un secondo: i due si affrontano, fronteggiano, combattono in modo sottile e ostentato nello stesso tempo, creando un equilibrio che non sarebbe stato possibile avere se non si fossero eguagliati in bravura, cosa che se non fosse stata sarebbe stata un grande deficit per il film stesso. 
Quindi meritatissimi tutti e cinque gli oscar. 
Anche le musiche sono perfettamente adeguate a ogni situazione e costituiscono un ottimo supporto alle azioni degli interpreti, ottima la fotografia ed eccellente il montaggio. 
Un tema, quello esposto, difficile, molto pesante e anche terribilmente impegnativo e scabroso, che viene qui reso con la massima naturalezza senza appesantire eccessivamente i toni rischiando di rendere tutto troppo drammatico ed evitare così l'errore di cadere nella banalità, fino ad arrivare ad un finale agghiacciante nella sua poeticità.
Se anche volessi non credo che potrei trovare un difetto a questo piccolo capolavoro che merita a pieno titolo di essere stato scelto per la conservazione presso il National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti

Ultima info il film è stato tratto dal famoso romanzo omonimo di Ken Kesey, il quale dopo la sua personale esperienza quale volontario nell'Ospedale Psichiatrico di Palo Alto, decise di descrivere le brutalità a cui venivano sottoposti i pazienti.
Il titolo che nella traduzione italiana non rende bene il senso di ciò che voleva trasmettere l'autore può essere tradotto anche come "Qualcuno diventò pazzo" infatti cucko che in inglese significa letteralmente cuculo traslato metaforicamente può essere inteso anche come pazzo
C'è anche un'altra spiegazione al titolo, che vede McMurphy proprio come un agente estraneo che educa i piccoli di cuculo nel loro nido abbandonato spingendoli verso la vita, dove il nido in questo caso è lo stesso manicomio, il cuculo infatti in natura non alleva da solo i propri piccoli ma abbandona il proprio nido e lascia che siano gli altri ad occuparsi di loro. 
Personalmente io non credo molto in questa spiegazione e propendo per il significato che gioca sulla metafora di "pazzo" e "cuculo". 

In conclusione che vi piaccia o non vi piaccia il cinema, che siate o non siate appassionati di tale argomento, che vogliate o non vogliate guardarlo ebbene dovete farlo perchè questo è uno di quei film che hanno fatto la storia del cinema e che merita di essere guardato visto e compreso come come si farebbe con l'opera d'arte di uno dei più grandi pittori della storia. 

Buona visione e alla prox!

Sae.

lunedì 13 maggio 2013

La Madre

Pubblicato da Sae alle 19:30 0 commenti



Buon lunedì a tutti!! ^_^

Dopo aver quasi abbattuto una bronchite rieccomi qui a commentare questa mia nuova visione: "La Madre".

Ammetto che questo film mi è stato consigliato da più di una persona, inoltre Guillermo Del Toro, mi piace davvero molto, proprio per questo le mie aspettative erano piuttosto elevate. 

Mi duole dire che purtroppo per questa volta tali aspettative sono state ampiamente deluse... -__-
Ma procediamo con ordine...

In seguito a un tracollo finanziario il padre delle piccole Victoria e Lily uccide sua moglie e porta le due bambine con sé in una casa sperduta nel bosco per uccidere anche loro e poi suicidarsi. 
Poco prima che l'uomo possa commettere questo terribile atto viene fermato e ucciso da una qualche forza soprannaturale non meglio identificata, forza che sembra prendersi cura delle due bambine ormai rimaste sole al mondo. 

Nello stesso tempo il loro unico zio, Luke, fratello del padre, viene a sapere della tragedia e senza arrendersi continua a cercare le bambine che riesce a ritrovare dopo cinque anni. 

Le bambine, ormai ridotte a delle mere selvagge, vengono affidate alla cura di uno psichiatra ed è in seguito ai colloqui con quest'ultimo che va evidenziandosi la figura di una presenza che sia Victoria che Lily chiamano "Madre" e che entrambe trattano come un vero genitore, quando cominciano a verificarsi una serie di fatti inspiegabili che minaccia la tranquillità appena ritrovata dalle piccole.

Allora arriviamo alle note dolenti. Può essere che la mia delusione derivi dal mio elevato orizzonte di aspettativa, oppure perchè amo molto le produzioni di Guillermo Del Toro, fatto sta che eccetto i primi 10 minuti circa dove cercavo di entrare in sintonia con la vicenda, il resto del film mi è parso noioso eccessivamente lungo e soprattutto inutile. 

Fin dal principio infatti la regia è incerta e insicura, non a livello amatoriale certo, ma sicuramente non tale da rendere buono il film vista la quasi inesistente sceneggiatura. 
Del resto "La Madre" è stato lo sviluppo di un cortometraggio di 5 minuti dello stesso Andres Muschietti,  regista della pellicola, sicuramente non è stato facile trasformare un cortometraggio in film di 90 minuti, ma questo non giustifica il fatto che ho sinceramente pensato che ero molto contenta di non aver speso i soldi del biglietto del cinema per vedere questo film!
L'intera pellicola si comprende dopo i primi 15 minuti, l'intera storia è banale scontata e senza nessun colpo di scena degno di nota, gli effetti speciali non sono nulla di eccezionale e molto rari i momenti di vero spavento, quelli che ti fanno saltare sulla sedia, di fatto in questo caso la classica trovata delle mani che salgono a coprire gli occhi nei momenti peggiori non è stata necessaria. 
Quindi sceneggiatura banale e inconsistente, regia che purtroppo non è riuscita a salvare la situazione, prestazione degli attori di certo non determinante, eccettuata forse la prova della piccola che interpretava la parte di Victoria,  musiche ed effetti sonori che non hanno contribuito in nulla a regalare un'atmosfera nemmeno lontanamente inquietante e un finale che sinceramente si potevano risparmiare... cioè alla fine mi sarebbe dovuta venire la compassione per il mostro? Ma davvero?! No! Davvero no! O___O

Dopo i primi trenta minuti mi chiedevo: "Ma sono io che non capisco o questo film è una vera schifezza?"
Così mi sono andata a documentare su internet per capire se mi ero improvvisamente rimbecillita a causa della febbre!! XDD
Quando ho letto le critiche collettive... ho pensato... "Aaah... adesso sì!"

Alcune cose che più di altre mi hanno colpito e che si potevano risparmiare davvero: 

- Lo psichiatra che, trovandosi davanti due bambine che hanno vissuto isolate da sole per 5 anni dopo aver assistito alla morte del padre, pensa che di certo  a tutto c'è una spiegazione soprannaturale... ha avuto un acume che credo nessun professionista suo pari avrebbe mai avuto.

- Il ruolo determinante dello zio Luke, che per buona parte della pellicola è stato steso su un lettino d'ospedale mentre la sua compagna, manco moglie, si è accollata le due piccole pazzoidi, mentre sia il dottore che i servizi sociali non hanno fatto una piega in tutto ciò, nonostante ci fosse un'altra parente, benestante e pronta a occuparsi delle bambine. 

- La "Madre" che per tutto il tempo non fa che giocare a nascondino nell'armadio. XD

- L'assenza totale dell'articolo determinativo "LA" davanti la parola "Madre" per tutta la durata del film come se "Madre" fosse appunto un nome proprio, della serie... "Ciao fantasma come ti chiami?" "Piacere, mi chiamo Madre!"

Insomma mi dispiace davvero dirlo, ma davvero tanto, però vi prego risparmiatevi la visione di questo film... e se proprio volete vederlo per fedeltà al grande Guillermo, almeno fatelo senza aspettarvi molto può darsi che in questo modo riuscirete a godervelo molto di più.

Buona visione e alla prox!

Sae. :) 

domenica 5 maggio 2013

4bia

Pubblicato da Sae alle 22:08 0 commenti




Vista la mia passione per questo genere di film non poteva mancare anche oggi qualcosa che servisse a darmi un po' di adrenalina. 

Mi piacciono molto i film horror che racchiudono in sè più storie autoconclusive, sono la mia passione quando si tratta di questo genere, mi sono piaciuti molto "I racconti della cripta" così come anche il made Japan "Three". Perciò quando il mio sguardo è caduto su questo "4bia" non ho potuto assolutamente lasciarmelo scappare, non solo mi sono precipitata subito alla visione!

Il film come già detto in prececenza si compone di quattro cortometraggi, ovvero quattro storie diverse.
Ogni storia affronta, per quanto riguarda la tematica horror, un tema differente di volta in volta.
Non voglio illustrarvi le tematiche per non togliervi nulla dell'effetto suspance!

I quattro episodi sono in questo ordine: "Felicità", "Occhio per occhio", "Quello in mezzo" e il "Volo 224"


Il film parte subito alla grande con l'episodio "Felicità" che tra i quattro è stato quello che ho preferito in assoluto. 
La storia è quella di una ragazza che costretta in casa per colpa di una frattura alle gambe inizierà, per noia e per svagarsi un po', a scambiare sms con un misterioso ragazzo, fino a quando le cose non saranno più tanto tranquille...

L'intero corto è in assenza di dialoghi, la fanno da protagonista, gli effetti sonori e tutti i suoni della città che la ragazza ascolta dall'alto del suo appartamento. Il montaggio sopraffino e la regia semplice ma di grande effetto, rendono "Felicità" un segmento del film molto apprezzabile e dal finale affatto scontato. Si raccomanda però la visione con i sottotitoli in italiano, in quanto essendo il film di matrice filippina, i testi dei messaggi non sarebbero altrimenti comprensibili!! XD

L'episodio seguente, "Occhio per occhio" è quello che mi ha convinta meno di tutti. 
La storia narra di un ragazzo che continuamente maltrattato dai suoi compagni di scuola alla fine troverà un modo spietato per vendicarsi. 
La regia fin troppo o troppo poco elaborata, pensata o studiata, e l'eccessivo uso delle scene splatter unite in taluni casi a un eccessivo uso della grafica di computer, rendono questo una parte del film un po' pesante e in alcuni momenti anche ridicola, per poi salvarsi giusto appena in tempo in calcio d'angolo con un finale leggermente più convincente. 

Il terzo episodio è senza alcun dubbio quello più esilarante e divertente senza per questo perdere nulla della sua atmosfera nera. 
"Quello in mezzo" è la storia di quattro ragazzi che partono per un viaggio - campeggio in mezzo a un bosco per fare poi un po' di canottaggio. Ed è proprio in questo frangente che uno dei ragazzi viene dato dagli altri per disperso in acqua... lo stesso che aveva promesso nell'eventualità di tornare ad uccidere... quello in mezzo. 
Questa parte del film è davvero da vedere! I quattro ragazzi sono spassossissimi nella loro paura e soprattutto nel prendere bonariamente in giro famosissimi film, colossal americani, quale a esempio "Titanic" o anche famosi film horror asiatici quale a esempio "Shutter", tra l'altro dello stesso regista di questo corto. 
Fino al finale con il giusto colpo di scena, lo spettatore oltre brividi di paura si farà sicuramente anche qualche risata!

Il quarto e ultimo episodio è "Volo 224"
Con questo ultimo segmento di film ritorniamo  a quelle che sono le classiche atmosfere da cinema horror. 
La storia narrata è quella di una giovane donna che lavora come hostess di volo in una compagnia aerea. All'ultimo momento la donna viene esplicitamente richiesta per un volo privato in cui viaggerà una principessa persiana che lei stessa aveva assistito durante il volo del suo viaggio di nozze insieme al marito. 
Ben presto capiremo che la richiesta non è casuale e che la fredda principessa sa bene che la nostra eroina di turno è l'amante del marito dal quale sta ormai divorziando. 
E' così che prende vita un thriller senza esclusione di colpi dove la tensione non fa che salire e continuare a salire fino al finale che lascerà... più o meno soddisfatti. 

Per concludere "4bia" è senz'altro un titolo che va visto per gli amanti del genere e per quelli che come me amano i corti horror!

Buona visione e alla prox!

Sae.

Albert Nobbs

Pubblicato da Sae alle 20:21 0 commenti



Salve a tutti!
Eccomi di nuovo qui a scrivere di cinema tanto per cambiare ahahah!!

Oggi ho visto un paio di film ma comincerò parlandovi di questo "Albert Nobbs"

Era parecchio tempo che questo titolo restava così a ronzare in lontananza nel mio cervello, come una zanzara anche un po' fastidiosa che proprio non ha intenzione di lasciarci in pace. 
Continuavo a ripetermi che come titolo doveva essere interessante, e che avrei dovuto vederlo, ma per un qualche incognito motivo, forse anche la scarsa promozione che in parte ha avuto questo film, ho rimandato il momento, quando oggi, nell'attimo in cui mi è ritornato in mente, ho deciso che l'avrei assolutamente visto. 

Albert Nobbs è un attempato uomo che fa il cameriere nell'hotel gestito da una nobile duchessa decaduta. Persona di poche parole, schiva, ma sempre puntuale e ligia al proprio dovere, vive risparmiando tutte le proprie mance e il proprio stipendio senza concedersi mai uno svago o un lusso che possa ripagarlo almeno in parte del proprio duro lavoro. 
Questo è quanto appare allo spettatore e a tutti gli ospiti dell'albergo in cui lavora l'uomo, ma la realtà è molto differente, infatti Albert Nobbs è una donna.
Un giorno in seguito alla necessità di ridipingere alcuni ambienti dell'hotel, la donna si vede costretta a dividere il proprio letto con l'imbianchino ed è così che viene smascherato il suo segreto se non per scoprire subito dopo a sua volta che anche il fantomatico "imbianchino" è una rappresentante del gentil sesso. 
Questo incontro cambierà la concezione che aveva avuto del mondo fino a quel momento per portarla a desiderare cose che non aveva mai pensato di poter ottenere prima e sfuggire per sempre alla solitudine della propria vita, facendole credere che forse anche lei può permettersi di sperare che i sogni possano realizzarsi un giorno. 

Il soggetto della pellicola è sicuramente accattivante, "Albert Nobbs" ha di base tutto quanto serve per non annoiare lo spettatore coinvolgendolo in una storia affatto banale e leggermente melanconica. 
Questo sarebbe stato il suo potenziale in effetti. Purtroppo tale potenziale non è stato sfruttato così come avrebbe dovuto, il film si trascina lentamente prendendo in considerazione tanti temi importanti quali, la condizione della donna  alla fine dell '800 e gli inizi del '900, l'amore omosessuale da parte di una donna, il concetto del matrimonio omossessuale tra due donne, l'eterna chimera di quella cosa chiamata felicità che noi tutti inseguiamo senza mai raggiungere. Così tante tematiche per un film che forse avrebbe dovuto concentrarsi su una sola, quella centrale e principe ovvero la storia di Albert Nobbs
Sicuramente il film si incentra su questo personaggio ma non riesce a farne del tutto il suo protagonista, quasi fosse una macchina da presa impegnata nello spasmodico tentativo di riprendere tante cose senza però soffermarsi mai abbastanza su nessuna. 
Nello spettatore si crea un sentimento di incapacità di immedesimarsi nella storia che viene narrata in modo consequenziale e piatto, senza riuscire nemmeno a commuovere chi guarda la miseria che si trova davanti. 
Il regista ha scelto il tema della commiserazione, ma personalmente mi è riuscito difficile commiserare un personaggio che dimostra, pur nella sua fragilità e ingenuità estrema, una tale forza d'animo e di carattere, un tale ottimismo e un tale amore per la vita e per i suoi sogni.
Quasi che il film volesse dirci invece che quando una donna sceglie di guadagnarsi il rispetto e la dignità al pari di un uomo questa è penosa e misera.
Anche se non credo che fosse questo che il film voleva comunicare è proprio questo che finisce per renderla tanto stonata, la forza che dimostra l'una (la protagonista) invalida il concetto che mostra l'altro (il film) e tale contrasto nuoce al ritmo narrativo che cade in una chiara incoerenza che disorienta.
Perciò dovremmo commuoverci? Dispiacerci per la storia della protagonista?
Rassegnarci al messaggio che il mondo e la vita sono uno schifo?
Io credo di no. Infatti quello che mi è dispiaciuto è stato il modo in cui la vicenda è stata raccontata ma non la vicenda in sé. 
Peccato, davvero peccato, perchè se il tutto fosse stato diretto in modo diverso probabilmente Glenn Close, attrice che premetto non mi piace più di tanto, avrebbe vinto il premio Oscar.
La sua è stata un'interpretazione magistrale, davvero ben riuscita e sentita, senza di lei il film di certo non meriterebbe di essere visto. 
Buona anche l'interpretazione di  Mia Waiskowska. 
Del resto come sempre l'Accademy ha saputo evidenziare il meglio tanto che non possono stupire queste due candidature all'Oscar.

Come concludere dunque?
Ebbene un film che va visto certo, per gli amanti del cinema che non vogliono perdersi la migliore performance della Close e per tutti coloro che hanno un debole per le storie pregne di decadentismo ma che ancora cercano di trattenere un retrogusto di verismo nella vana scimmiottatura di uno dei migliori racconti del "ciclo dei vinti" del nostro Giovanni Verga.

Buona visione e alla prox!

Sae.
 

Tyrahem Template by Ipietoon Blogger Template | Gift Idea